martedì 1 ottobre 2013

L’umanizzazione dell’animale



[per facilitare il testo, gli animali non umani li chiamerò semplicemente “animali”, mentre gli animali umani semplicemente “umani”, senza però togliere il significato ai termini completi]



Come esposto nel post precedente, la causa animale è attuale, sentita e molto importante. Molte persone scendono in campo attivamente per sensibilizzarne altre, per far valere i diritti animali, per liberar loro dalla crudeltà umana e per compiere tutto quanto si rende necessario al fine di riconoscere gli animali come individui senzienti con i propri diritti universali.
All’interno degli amanti degli animali (e non per questo animalisti, vegani, vegetariani o sensibili verso tutte le specie) troviamo una fetta di persone convinte di far loro del bene offrendo quelli che noi umani chiamiamo “agi”. Anche questo è un problema: gli animali non devono essere materialmente umanizzati!
Quando ci si occupa degli animali -che sia un individuo singolo o siano un gruppo- è necessario (io preferisco dire “vitale”) informarsi esaustivamente sulle loro necessità. Le stesse variano da specie a specie, anche se fanno parte dello stesso cerchio (v. mammiferi). A questo scopo sono senz’altro utili manuali cartacei, conoscenti che si sono già presi cura della stessa specie e i veterinari. Questi ultimi sono sicuramente una  buona fonte di informazioni importanti alle quali affidarsi prima di adottare (“comprare” non lo considero nemmeno) un animale. Sottolineo la serietà di aggiornarsi anzitempo e non attendere il momento nel quale la creatura sarà già arrivata sotto la nostra ala.

Pensiamo ai cani. Essi discendono dai lupi e non hanno mai perso il contatto con i loro possenti avi, tanto da essere ancor oggi più forti, sfacciati e determinati se in branco. In natura, i lupi cacciano grosse prede e questo può accadere unicamente con l’aiuto degli altri membri del branco. Diversamente, la cattura sarebbe impossibile. Questo ci porta alla caratteristica carnivora del cane, sfumata dalle decennali abitudini umane di dare loro in pasto gli avanzi -onnivori- dei pasti. I cani, però, hanno lo stomaco corto che non gli permette di metabolizzare troppi avanzi vegetariani. Devono inoltre avere accesso costantemente all’acqua, come tutti gli altri esseri viventi.
 Anche i cani, come i maiali, hanno bisogno di grande movimento. Per questo animale, correre e camminare sono due attività vitali e senza le quali non riescono a mantenersi in salute. Per contro, egli necessita di un posto tranquillo e riparato per godersi il riposo, ma senza essere allontanato dal resto della famiglia (che, in mancanza di altri simili, rappresenta il suo branco).
I cani che nell’età adulta sviluppano problemi comportamentali, spesso sono stati prematuramente allontanati dalla madre quando erano cuccioli (il periodo minimo sono 8 settimane). In ogni caso, questi animali necessitano di un’intensa vita sociale e per loro è importante il contatto con i loro simili.
Parliamo dell’umanizzazione. Ho assistito a umani che ingozzavano il “proprio” quadrupede con leccornie (umane) di ogni tipo. Cioccolato compreso. Quest’ultimo potremmo definirlo veleno per i cani. Inoltre, molti non si adeguano alla necessità di dosare il cibo con il quale riforniscono “Fido”, finendo per creargli molti problemi di salute. Altresì i cani abbisognano di un osso da rosicchiare, reso necessario dall’esigenza di masticare molto (non soddisfatta dai cibi morbidi che diamo loro in pasto).
Ricordiamoci che il cane, come il lupo, possiede una spiccata capacità di leggere gli stati d’animo degli altri simili, come dell’essere umano. I gesti, però, non sono compresi alla nostra stessa stregua. E qui entra in scena l’umano: abbracciare un cane, seppur spinti da un moto d’affetto, non è compreso dalla bestiola e può essere frainteso. Chiaramente con l’andar del tempo un cane può assimilare l’abbraccio del suo “padrone” come un gesto amorevole, ma per lui rimane comunque un “mistero”.
L’eccessiva umanizzazione della specie, ha portato anche a comportamenti assurdi e assai discutibili: tatuaggi sulla pelle dei cani, tinte e disegni al loro manto peloso, piercing, vestitini sempre più “alla moda” (il chihuahua qui è particolarmente preso di mira). Se io compro una pettorina da trenta franchi al “mio” cane, lo faccio per il cane; se spendo 200 franchi per averla “firmata”, lo faccio esclusivamente per me stesso. Tutto quanto descritto è lo specchio di una società che vuole apparire e usa gli animali come ulteriore tramite. Nessuna di queste cose è fatta per il benessere dell’animale. Nessuna.
Una volta, in territorio italiano, si diede in adozione un Pitbull. La persona che lo adottò era davvero premurosa, consapevole, informata e carinissima con la bestiola. Quando lo portammo da lei, c’era anche il compagno. Tirò fuori da un sacchetto un collare borchiato dicendo: ecco, con questo farai proprio una bella figura. Ecco: per quest’uomo il cane era un oggetto da esibire, contrariamente al pensiero della sua compagna.

I maiali provengono da un habitat quale la foresta, con tutti gli spazi aperti ad essa attigui. In questo stato naturale sono capaci di percorrere svariati chilometri in un giorno; la notte invece riposano, poiché sono animali diurni e con il buio perdono la capacità di orientarsi. Sono animali che amano stare in gruppo, ma necessitano assolutamente di un luogo ove poter stare in pace, da soli. Quando non si trovano nella foresta, ma a ridosso dell’uomo (parlo di animale da compagnia, o accudito perché bisognoso, e mai e poi mai di “allevamenti”!), devono poter disporre un giaciglio asciutto e preparato con erba essiccata (generalmente di qualche cereale), spazioso per potersi stendere su un fianco. Non deve nemmeno mancare un grande spazio dove camminare ed esplorare: attività che in libertà occupa quasi tutta la giornata del maiale. In caso contrario potrebbero incorre in comportamenti aggressivi, insoliti o compulsivi. Questi animali sono onnivori e normalmente (nell’habitat naturale) si cibano con radici e tuberi, semi, funghi, uova di uccellini, frutta e foglie. Può anche accadere che il maiale decida di mangiare qualche topolino o piccolo animale.
Negli anni ho visto tanti maiali e altrettanti umani. Pochi di questi ultimi sapevano davvero cosa stavano facendo, spesso in buona fede e ingenuità. Giacigli costruiti con cuscini e trapunte, con massi o griglie di metallo, con lastre di sasso o enormi contenitori di plastica. Animali coperti durante il riposo con piumini o vecchie maglierie. Ho guardato maiali mangiare polli, torte, gelati, persino caramelle. E tutto questo, secondo le persone di buona volontà, in nome del loro benessere. Mi dispiace dirlo, ma la verità è contenuta in una sola parola: umanizzazione. A noi umani piacerebbe così, quindi trattiamo l’animale dal nostro punto di vista e non dal loro.

Si potrebbe continuare con i gatti, assai più “indomabili” delle specie citate prima. Ci sono persone che chiedono di sedarli quando sono troppo vivaci, oppure li fanno anestetizzare per dipingere il pelo o -come per i cani- imprimergli un tatuaggio, o ancora li costringono a due interventi atroci: la rimozione delle corde vocali (il miagolio pare sia fastidioso) e/o la rimozione completa delle unghie. Per un micio, non avere le unghie è una tortura terrificante e inimmaginabile. Questa operazione le estirpa totalmente, lasciandoli pieni di dolore e con le zampine fasciate per diverso tempo. Non potranno più compiere atti essenziali per la loro naturale vita. Questa non è forse umanizzazione? Egoismo? Questo non è amare un gatto, ma rovinargli l’intera esistenza.
Per non parlare di coloro che obbligano i gatti a fare il bagno. Per natura, esso è contrario all’acqua tranne per rari casi e per alcune razze. Fargli spesso il bagno riduce la quantità di proteine presenti nel pelo.
Spostandoci sul tema “cibo”, contraddirò molti dei pensieri animalisti (come ho fatto per il cane). Tutti noi che lottiamo per i diritti animali, sogniamo animali vegani. Tutti. Il punto è che sogniamo anche la libertà di tutti gli esseri viventi. Allora un giorno ho cominciato a riflettere: “se io desidero, ad esempio, i gatti liberi… in natura -quindi per loro istinto- mangerebbero vegano? La risposta è no. Il micio selvatico non assimila le sostanze delle quali ha bisogno solamente dalla carne, ma anche dal contenuto dello stomaco delle sue prede (lo so: è disgustoso). Gli orrendi preparati industriali (per preparare i quali milioni di animali sono infelici vittime) contengono ciò che il gatto odierno non può o non è in grado di cacciare. Non difendo assolutamente i metodi di preparazione di queste scatoline “mischiaticce”, ma voglio spiegare il punto di vista del felino “domestico” allontanando il nostro (di umani e di animalisti). In queste preparazioni possono trovarsi anche riso, pasta, verdure: alimenti digeriti dal gatto, ma che non potrebbe utilizzare esclusivamente per nutrirsi. Oggigiorno esistono cibi vegani propriamente studiati, ma rivolgendomi al cuore di coloro che professano la liberazione animale, contesto: se come me li volete davvero liberi, allora lasciateli liberi di essere loro stessi anche nel cibo.

Potrei andare avanti per molto tempo, parlando di cavalli, criceti, ratti, pecore, capre, galline, tartarughe, pesciolini, furetti, conigli, uccellini, porcellini d’India, asini, petauri, lemuri, ragni, serpenti, mucche, tacchini, … Spesso umanizzati (oltre che barbaramente uccisi).

Desideriamo, vogliamo, la libertà degli animali, ma mettiamo in atto (sovente involontariamente) meccanismi che non fanno altro che portare ancor più dipendenza agli stessi.
Ho conosciuto persone che correvano appresso al gatto o al cane con la paura che potessero farsi male o lerciarsi. Questa è infida e ingiusta umanizzazione. Lasciate che un cane si bagni con una leggera pioggerellina, anziché mettergli il mantello! Lasciate che il gatto catturi un insettino (pur crudele e terribile che sia), piuttosto che tarpare la sua natura! Lasciate che il maiale dorma nel fieno e corra tutto il giorno, anziché abituarlo a comportamenti per lui “anomali”! Lasciate che gli animali saltino, si avventino, giochino, si sporchino, si chiamino, si rincorrino: lasciateli vivere!

Mi aspetto qualche provocazione, come ad esempio la tipica domanda: allora non dovremmo nemmeno curarli? 
Rispondo con serenità e un piccolo sorriso abbozzato: ho detto di non umanizzarli, non di non amarli.

Sara Pettinaroli