[per
facilitare il testo, gli animali non umani li chiamerò semplicemente “animali”,
mentre gli animali umani semplicemente “umani”, senza però togliere il significato
ai termini completi]
Come esposto
nel post precedente, la causa animale è attuale, sentita e molto importante.
Molte persone scendono in campo attivamente per sensibilizzarne altre, per far
valere i diritti animali, per liberar loro dalla crudeltà umana e per compiere
tutto quanto si rende necessario al fine di riconoscere gli animali come individui
senzienti con i propri diritti universali.
All’interno
degli amanti degli animali (e non per questo animalisti, vegani, vegetariani o
sensibili verso tutte le specie) troviamo una fetta di persone convinte di far
loro del bene offrendo quelli che noi umani chiamiamo “agi”. Anche questo è un
problema: gli animali non devono essere materialmente umanizzati!
Quando ci si
occupa degli animali -che sia un individuo singolo o siano un gruppo- è
necessario (io preferisco dire “vitale”) informarsi esaustivamente sulle loro
necessità. Le stesse variano da specie a specie, anche se fanno parte dello
stesso cerchio (v. mammiferi). A questo scopo sono senz’altro utili manuali
cartacei, conoscenti che si sono già presi cura della stessa specie e i
veterinari. Questi ultimi sono sicuramente una
buona fonte di informazioni importanti alle quali affidarsi prima di
adottare (“comprare” non lo considero nemmeno) un animale. Sottolineo la
serietà di aggiornarsi anzitempo e non attendere il momento nel quale la creatura
sarà già arrivata sotto la nostra ala.
Pensiamo ai cani. Essi discendono dai lupi e non
hanno mai perso il contatto con i loro possenti avi, tanto da essere ancor oggi
più forti, sfacciati e determinati se in branco. In natura, i lupi cacciano
grosse prede e questo può accadere unicamente con l’aiuto degli altri membri
del branco. Diversamente, la cattura sarebbe impossibile. Questo ci porta alla
caratteristica carnivora del cane, sfumata dalle decennali abitudini umane di
dare loro in pasto gli avanzi -onnivori- dei pasti. I cani, però, hanno lo
stomaco corto che non gli permette di metabolizzare troppi avanzi vegetariani.
Devono inoltre avere accesso costantemente all’acqua, come tutti gli altri
esseri viventi.
Anche i cani, come i maiali, hanno bisogno di
grande movimento. Per questo animale, correre e camminare sono due attività
vitali e senza le quali non riescono a mantenersi in salute. Per contro, egli
necessita di un posto tranquillo e riparato per godersi il riposo, ma senza
essere allontanato dal resto della famiglia (che, in mancanza di altri simili, rappresenta
il suo branco).
I cani che
nell’età adulta sviluppano problemi comportamentali, spesso sono stati
prematuramente allontanati dalla madre quando erano cuccioli (il periodo minimo
sono 8 settimane). In ogni caso, questi animali necessitano di un’intensa vita
sociale e per loro è importante il contatto con i loro simili.
Parliamo
dell’umanizzazione. Ho assistito a umani che ingozzavano il “proprio”
quadrupede con leccornie (umane) di ogni tipo. Cioccolato compreso. Quest’ultimo
potremmo definirlo veleno per i cani. Inoltre, molti non si adeguano alla
necessità di dosare il cibo con il quale riforniscono “Fido”, finendo per
creargli molti problemi di salute. Altresì i cani abbisognano di un osso da
rosicchiare, reso necessario dall’esigenza di masticare molto (non soddisfatta
dai cibi morbidi che diamo loro in pasto).
Ricordiamoci
che il cane, come il lupo, possiede una spiccata capacità di leggere gli stati
d’animo degli altri simili, come dell’essere umano. I gesti, però, non sono
compresi alla nostra stessa stregua. E qui entra in scena l’umano: abbracciare
un cane, seppur spinti da un moto d’affetto, non è compreso dalla bestiola e
può essere frainteso. Chiaramente con l’andar del tempo un cane può assimilare
l’abbraccio del suo “padrone” come un gesto amorevole, ma per lui rimane
comunque un “mistero”.
L’eccessiva
umanizzazione della specie, ha portato anche a comportamenti assurdi e assai
discutibili: tatuaggi sulla pelle dei cani, tinte e disegni al loro manto
peloso, piercing, vestitini sempre più “alla moda” (il chihuahua
qui è particolarmente preso di mira). Se io compro una pettorina da
trenta franchi al “mio” cane, lo faccio per il cane; se spendo 200 franchi per
averla “firmata”, lo faccio esclusivamente per me stesso. Tutto quanto
descritto è lo specchio di una società che vuole apparire e usa gli
animali come ulteriore tramite. Nessuna di queste cose è fatta per il benessere
dell’animale. Nessuna.
Una volta,
in territorio italiano, si diede in adozione un Pitbull. La persona che lo
adottò era davvero premurosa, consapevole, informata e carinissima con la
bestiola. Quando lo portammo da lei, c’era anche il compagno. Tirò fuori da un
sacchetto un collare borchiato dicendo: ecco, con questo farai proprio una
bella figura. Ecco: per quest’uomo il cane era un oggetto da esibire,
contrariamente al pensiero della sua compagna.
I maiali provengono da un habitat quale
la foresta, con tutti gli spazi aperti ad essa attigui. In questo stato
naturale sono capaci di percorrere svariati chilometri in un giorno; la notte
invece riposano, poiché sono animali diurni e con il buio perdono la capacità
di orientarsi. Sono animali che amano stare in gruppo, ma necessitano
assolutamente di un luogo ove poter stare in pace, da soli. Quando non si
trovano nella foresta, ma a ridosso dell’uomo (parlo di animale da compagnia, o
accudito perché bisognoso, e mai e poi mai di “allevamenti”!), devono poter disporre
un giaciglio asciutto e preparato con erba essiccata (generalmente di qualche
cereale), spazioso per potersi stendere su un fianco. Non deve nemmeno mancare
un grande spazio dove camminare ed esplorare: attività che in libertà occupa
quasi tutta la giornata del maiale. In caso contrario potrebbero incorre in comportamenti
aggressivi, insoliti o compulsivi. Questi animali sono onnivori e normalmente
(nell’habitat naturale) si cibano con radici e tuberi, semi, funghi, uova di
uccellini, frutta e foglie. Può anche accadere che il maiale decida di mangiare
qualche topolino o piccolo animale.
Negli anni
ho visto tanti maiali e altrettanti umani. Pochi di questi ultimi sapevano
davvero cosa stavano facendo, spesso in buona fede e ingenuità. Giacigli
costruiti con cuscini e trapunte, con massi o griglie di metallo, con lastre di
sasso o enormi contenitori di plastica. Animali coperti durante il riposo con
piumini o vecchie maglierie. Ho guardato maiali mangiare polli, torte, gelati,
persino caramelle. E tutto questo, secondo le persone di buona volontà, in nome
del loro benessere. Mi dispiace dirlo, ma la verità è contenuta in una sola
parola: umanizzazione. A noi umani piacerebbe così, quindi trattiamo l’animale
dal nostro punto di vista e non dal loro.
Si potrebbe
continuare con i gatti, assai più “indomabili”
delle specie citate prima. Ci sono persone che chiedono di sedarli quando sono
troppo vivaci, oppure li fanno anestetizzare per dipingere il pelo o -come per
i cani- imprimergli un tatuaggio, o ancora li costringono a due interventi
atroci: la rimozione delle corde vocali (il miagolio pare sia fastidioso) e/o
la rimozione completa delle unghie. Per un micio, non avere le unghie è una
tortura terrificante e inimmaginabile. Questa operazione le estirpa totalmente,
lasciandoli pieni di dolore e con le zampine fasciate per diverso tempo. Non
potranno più compiere atti essenziali per la loro naturale vita. Questa non è
forse umanizzazione? Egoismo? Questo non è amare un gatto, ma rovinargli l’intera
esistenza.
Per non
parlare di coloro che obbligano i gatti a fare il bagno. Per natura, esso è
contrario all’acqua tranne per rari casi e per alcune razze. Fargli spesso il
bagno riduce la quantità di proteine presenti nel pelo.
Spostandoci
sul tema “cibo”, contraddirò molti dei pensieri animalisti (come ho fatto per
il cane). Tutti noi che lottiamo per i diritti animali, sogniamo animali
vegani. Tutti. Il punto è che sogniamo anche la libertà di tutti gli esseri
viventi. Allora un giorno ho cominciato a riflettere: “se io desidero, ad
esempio, i gatti liberi… in natura -quindi per loro istinto- mangerebbero vegano?
La risposta è no. Il micio selvatico non assimila le sostanze delle quali ha bisogno
solamente dalla carne, ma anche dal contenuto dello stomaco delle sue prede (lo
so: è disgustoso). Gli orrendi preparati industriali (per preparare i quali
milioni di animali sono infelici vittime) contengono ciò che il gatto odierno
non può o non è in grado di cacciare. Non difendo assolutamente i metodi di
preparazione di queste scatoline “mischiaticce”, ma voglio spiegare il punto di
vista del felino “domestico” allontanando il nostro (di umani e di animalisti).
In queste preparazioni possono trovarsi anche riso, pasta, verdure: alimenti
digeriti dal gatto, ma che non potrebbe utilizzare esclusivamente per nutrirsi.
Oggigiorno esistono cibi vegani propriamente studiati, ma rivolgendomi al cuore
di coloro che professano la liberazione animale, contesto: se come me li volete
davvero liberi, allora lasciateli liberi di essere loro stessi anche nel cibo.
Potrei andare
avanti per molto tempo, parlando di cavalli,
criceti, ratti, pecore, capre, galline, tartarughe, pesciolini, furetti,
conigli, uccellini, porcellini d’India, asini, petauri, lemuri, ragni,
serpenti, mucche, tacchini, … Spesso umanizzati (oltre che barbaramente
uccisi).
Desideriamo,
vogliamo, la libertà degli animali,
ma mettiamo in atto (sovente involontariamente) meccanismi che non fanno altro
che portare ancor più dipendenza agli stessi.
Ho
conosciuto persone che correvano appresso al gatto o al cane con la paura che
potessero farsi male o lerciarsi. Questa è infida e ingiusta umanizzazione. Lasciate che
un cane si bagni con una leggera pioggerellina, anziché mettergli il mantello! Lasciate che
il gatto catturi un insettino (pur crudele e terribile che sia), piuttosto che
tarpare la sua natura! Lasciate che
il maiale dorma nel fieno e corra tutto il giorno, anziché abituarlo a
comportamenti per lui “anomali”! Lasciate che
gli animali saltino, si avventino, giochino, si sporchino, si chiamino, si
rincorrino: lasciateli vivere!
Mi aspetto qualche
provocazione, come ad esempio la tipica domanda: allora non dovremmo nemmeno
curarli?
Rispondo con serenità e un piccolo sorriso abbozzato: ho detto di non
umanizzarli, non di non amarli.
Sara Pettinaroli