lunedì 3 settembre 2018

Un post lungo. Una verità. La mia. La nostra.






Commenti medio-standardizzati nelle pagine di coloro che si occupano della tutela degli animali (non umani).

- Si parla di animali.
-Commento: eh ma gli umani che muoiono di fame?

- Si parla di animali preda dei cacciatori.
- Commento: eh ma gli animali degli allevamenti intensivi e che mangiamo ogni giorno?
- Si parla di allevamenti intensivi.
- Commento: gli allevamenti intensivi in Svizzera non esistono.

- Si parla di alimentazione vegetariana.
- Commento: eh ma i prodotti animali come il latte, le uova, il miele?
- Si parla quindi di alimentazione vegana.
- Commento. eh ma le scarpe, i vestiti, le cose di ogni giorno?
- Si parla allora di cultura vegana.
- Commento: eh ma non siete coerenti, per esserlo dovresti non guidare la macchina, non camminare, non muovervi per non uccidere qualche animaletto.
- Parliamo infine della cultura vegana da avvicinare ad altri accorgimenti.
- Commento: eh voi siete solo degli estremisti.

- Si parla di animali in condizione di maltrattamento.
- Commento. eh ma voi ai migranti non pensate?
- Si parla di coloro che scappano anche per mancanza di cibo, in correlazione al sequestro di ettari di foreste per le piantagioni di cereali destinati agli allevamenti intensivi.
- Commento: siete disinformati, dovete citare le fonti, non dovete parlare di queste cose senza dirci per filo e per segno dove prendete le informazioni.

- Si parla di un argomento scomodo (come la caccia) legato agli animali.
- Commento: voi parlate sempre senza sapere, siete degli ignoranti.
- Si spiega di essere laureati in campi riguardanti la natura (etologia, veterinaria, ...)
- Commento: ecco, i soliti saccenti laureati.

- Si parla della sempre più rara biodiversità, della storia ufficiale dell’uomo, dei pericoli ambientali.
- Commento: voi siete dei catastrofisti, fate allarmismo, dovreste stare zitti.
- Non si parla di quest’argomento.
- Commento in privato: perché non parlate mai dell’ambiente e di quello che sta succedendo?

- Si parla del pericolo causato dalla scomparsa delle api.
- Commento: ma non avete niente di meglio da fare?
- Si parla dell’impatto dell’alimentazione odierna sul Pianeta.
- Commento. ma andate a lavorare, che è meglio.


Potrei continuare, ma sono certo che vi stancherete almeno quanto ci stanchiamo noi nel ripetere sempre le stesse cose, oppure come ci stanchiamo nel doverci difendere continuamente. Eh sì, perché se oggi parli di animali e dici la verità, sei un bersaglio, sei più malvisto di un killer, sei tacciato, etichettato, insultato. Vietato non mangiare prodotti animali, altrimenti diventi oggetto di vessazioni, di derisioni, di scherno, di improvvisi discorsi da persone che sembrano appena laureate in nutrizione e storia dell’umanità. In questi anni io sarei dovuto, nell’ordine: diventare anemico, dimagrire 40 chili in un mese (ma magari!), impazzire a causa della mancanza di B12 (che per i “sentito dire” si trova solo nei prodotti animali), ammalarmi gravemente (di una malattia a scelta), ritrovarmi solo (isolato dai carnisti), morire. Inoltre c’è la leggenda metropolitana che obbliga noi “animalisti” (tutori dei diritti animali, ndr) a rovinare le cene altrui. Beh, vi svelo un segreto: sono gli altri a stressarmi durante le cene, io non dico mai nulla e non mi lamento nemmeno se gli altri commensali mangiano carne, però devo essere interrogato su tutto ciò che ho nel piatto. Un altro segreto: la pasta col sugo al pomodoro è vegana: d’ora in poi non mangiatela.
Al di là del cibo, dovete sapere che -secondo gli oppositori incalliti- chi si occupa degli animali non umani... odia le persone, non si cura di loro, non le aiuta, si disinteressa dei bambini che muoiono, gioisce per i migranti deceduti in mare, non aiuta mai qualcuno se viene chiamato. Anche in questo caso vi svelo un segreto custodito da decenni: si può fare entrambe le cose! Pensate che io riesco ad aiutare le persone costantemente, pur occupandomi degli altri animali: sono un genio eh?!
Ah, qui entra in scena un’altra cosa fantastica. Molte persone si irritano quando dico “altri animali”, ma in realtà ho detto solo ciò che ci insegnano e che c’è scritto nelle Enciclopedie di tutto il mondo: l’essere umano fa parte degli animali. Non lo sapevate, eh? Terrificante.
La parte più interessante è parlare della caccia. Non c’è nemmeno il tempo di scrivere mezza parola che tutti i cacciatori si spostano dai boschi... alla pagina Facebook dell’associazione. È incredibile: una magia. Ciò che amo, in loro, è la gran voglia di fare ironia, di provocare, di dare dell’ignorante a chi non fa parte dell’élite, di pensare che “sotto sotto” noi tutori degli animali andiamo a mangiare la carne di nascosto, di puntare il dito dicendoci di vergognarci. Vergognarci per cosa? Mica siamo noi a sparare per divertimento. Oh sì: divertimento! La necessità è passata di moda con benessere. Tutti qui, a cercare di estrapolarci incoerenza, contraddizioni... Dev’essere frustrante non trovarne. Il fatto interessante è il dileguarsi appena il gioco è finito, per poi apparire l’anno dopo. Sì, perché negli altri momenti nessuno viene a parlare, a darci una mano. Sono persone che amano follemente i loro animali domestici e sono seriamente convinti che siano diversi dagli animali selvatici. Da non crederci.
Un altro momento curioso è il parlare di maltrattamenti, di pericoli legati al Pianeta. Improvvisamente ci circondiamo di: poliziotti, ecologi, meteorologi, veterinari, dendroclimatologi, biologi, naturalisti, chimici, fisici, astrologi e via discorrendo. Tutti laureati in casa, grazie all’esperienza personale ovviamente.
E poi adoro i negazionisti. Tutto ciò che dice una persona che si occupa di animali... è falso, inventato, creato al momento. Chiaramente è fuori discussione pensare che l’interlocutore abbia studiato a fondo, letto, fatto esperienza, si sia magari anche laureato. Eh no, è un “animalista”, quindi non è possibile.
In ultimo ci sono quelli che commentano solo ed esclusivamente per fare polemica, per poi tacciarci di “censura” appena vengono bloccati dalla pagina.

In sostanza:

- è più facile essere Donald Trump piuttosto che un volontario nel campo della tutela animale;
- se ti occupi di questioni animali e ci credi veramente, la tua vita sociale sarà un incubo, ma avrai tanto amore puro da coloro che proteggi;
- parare continuamente gli attacchi ingiustificati rallenta i nostri progetti seri;
- proteggere la vita non è solo un diritto, ma un dovere;
- avere un animo come il nostro non può e non deve essere una colpa, né motivo di odio o derisione; se non vi piace l’argomento, chiudete la pagina e non leggete;
Occuparsi della questione animale in generale, non è una cosa facile. Ogni giorno è una lotta, ogni giorno vediamo cose brutte, ogni giorno speriamo sia più lieve del precedente, ogni giorno vediamo ingiustizie senza poter intervenire, ogni giorno siamo confrontati con persone che non vogliono capire. Pochi hanno rispetto e gratitudine verso quello che facciamo, che, tra l'altro, non lede mai nessun altro essere vivente. Abbiamo i nostri problemi personali, come tutti. La maggior parte sono associazioni senza scopo di lucro, i soldi non ci sono e spesso mettiamo quelli dei nostri personali stipendi, ma non ci lamentiamo (se non tra di noi).
Perché è dura, sapete?
E ora mi aspetto un: “ma chi te lo fa fare?”.
IL CUORE.
IL CUORE.

Volete capirlo?

giovedì 18 febbraio 2016

La verità della Pasqua e dell'Agnello




Pasqua. 3 milioni e mezzo di agnelli macellati (dato riguardante solo l’Italia).

Secondo tutte le confessioni cristiane, nel giorno di Pasqua Gesù risorge.
I cristiani mangiano agnello riferendosi erroneamente alla frase di Dio che, annunciando al popolo di Israele di volerlo liberare dalla schiavitù in Egitto, esclamò: "in questa notte io passerò attraverso l'Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame". E ordinò di marcare le loro porte con del sangue d'agnello in modo che lui fosse in grado riconoscere chi colpire col suo castigo e chi no.

La Pasqua ebraica (Pèsach), invece, ricorda la liberazione del popolo israelita dall’Egitto e l’esodo verso la Terra promessa.
Gli ebrei mangiano agnello seguendo un antico comandamento riguardo la Pasqua ebraica che diceva di fare l'offerta dell'agnello il giorno 14 del mese ebraico di Nisan e di consumare quella stessa notte il sacrificio di Pèsach.

In entrambi i casi è comunemente usata la parola “festività”, che secondo i dizionari etimologici è una “dimostrazione di allegrezza e di gioia”. 

La verità

La tradizione dell'agnello a Pasqua non ha nessuna argomentazione teologica sostenibile, innanzitutto perché la religione cristiana non è fondata sui sacrifici animali che sono non solo inutili (Lettera ai Romani), ma crudeli e sicuramente lontani dall'idea di amore e compassione verso ogni essere vivente. Il riferimento biblico al sangue dell'agnello presente nel libro dell'Esodo è un riferimento profetico al sangue dell'Unico e Vero Agnello di Dio: Gesù Cristo ("Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Gv 1,29) . Da rammentare che la cristianità fonda se stessa sulla fede di Gesù Cristo, non sul consumo di un agnello ("Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato" - 1 Corinzi 5,7) e nei Vangeli sinottici, dove si racconta l’ultima cena, l’agnello non compare.

Inoltre Mosè, secondo i testi dell’Esodo, non ha mai prescritto al popolo eletto l’agnello come cibo obbligatorio da consumare in occasione della Pasqua: solo più tardi, adottando i costumi della popolazione semi-nomade e pagana, gli ebrei hanno cominciato a consumare l’agnello in quel giorno.

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Purtroppo, con l’avvicinarsi della Pasqua (che, ormai, è divenuta una “festa” commerciale come la altre), gli scaffali si riempiono. Soprattutto quelli delle macellerie. Sono pieni di cadaveri di cuccioli portati via alla madre e uccisi da piccoli per un nostro (vostro, ndr) “piacere culinario”. 

  • Mi chiedo chi, al giorno d’oggi, è così crudele da non fare la connessione, da non vedere nel piatto il pianto di un piccolo di pecora che vuole vivere e che non sa perché gli stanno facendo del male. 
  • Voglio sapere chi crede ancora che la macellazione sia indolore, chi crede ancora che vivano bene prima di essere portati alla gogna, chi crede ancora che loro non sappiano.
  • Voglio sapere chi non s’immagina l’agnellino che cerca la mamma, che urla perché sente nell’aria l’odore dei suoi fratellini morti e ode le grida di coloro che stanno ammazzando in quel momento.
  • Voglio sapere chi riesce ancora a disinteressarsi di tutto questo, a staccarsi dalla realtà o, peggio, a fregarsene.
  • Voglio sapere come giustificate ai vostri figli il piatto principale della “festa” di Pasqua e voglio sapere come potete chiamarla in quel modo.
  • Voglio sapere perché continuate a essere egoisti, a dire che “non potete farne a meno perché l’agnello è buono”. BUONO! Il cadavere di un cucciolo è buono! Come se fosse una giustificazione.
  • Voglio sapere se riuscire a immaginare quanto dolore patiscono quei poveri animaletti e quanto ne provino le loro madri, strappate ai figli. Se lo facessero con voi?
  • E voglio sapere anche se sapete quanto dolore proviamo noi, che lottiamo contro queste orribili ingiustizie, contro l’oscenità della morte; che lottiamo per quelle povere creature che non riescono a esprimersi nella nostra lingua.
Ma per voi sono tradizioni: guai a rinnegarle.
La morte? Basta che non tocchi la vostra cerchia…. E tutto va bene. 

lunedì 17 marzo 2014

Religione, Pasqua e Agnelli.




 Il dibattito pasquale è all’ordine del giorno, soprattutto fra coloro che in ogni momento dell’anno si adoperano a favore di tutti gli esseri viventi. La strage di agnelli e capretti che avviene nei giorni antecedenti la Pasqua, non può e non deve lasciarci indifferenti.
Contrariamente a ciò che si pensa, però, le nostre non sono critiche alle religioni cattolica o ebraica, bensì all’errata interpretazione che l’uomo ne ha tratto. Purtroppo, questa Festa di Risurrezione è divenuta un nuovo pretesto per allargare gli orizzonti commerciali. Le persone praticanti e informate, tuttavia, dovrebbero ricordarsi il vero significato del termine “Agnello pasquale”.
Prima di andare avanti, ricordo che i primi Cristiani osservavano la Pasqua ebraica, non la Pasqua odierna. La celebrazione si basava su tre riti essenziali: quelli del sacrificio dell’agnello pasquale, del pane azimo e delle primizie agricole, che venivano offerte il 16 di nisān sotto forma di un manipolo di spighe. L’intera festa durava sette giorni, di cui il primo e l’ultimo di festa solenne. (Encicl. Treccani).

Vorrei cominciare con una frase proveniente dalla Genesi (1, 29):
Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.

Per capire l’origine e il significato di “Agnello pasquale”, andiamo a leggere nell’Antico Testamento.
Il libro dell’Esodo (12,1-14,46) descrive il memoriale della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto attraverso il sacrificio di un agnello:
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. (…)tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà tra i due vespri. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. (…) È la pasqua del Signore! (…)Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete con un rito perenne. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso.
Questo accadde esattamente nel giorno della crocifissione di Cristo: Gesù morì alla stessa ora in cui nel tempio si immolavano gli agnelli per la festa di Pasqua. Secondo la descrizione di Giovanni (10,32-36):
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro, che ara stato crocifisso insieme a lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzaron le gambe... Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.
Per il Nuovo Testamento, l’agnello pasquale è il figlio di Dio: Gesù Cristo. Egli, come Agnello di Dio (Giovanni 1:29; Atti 8:32; 1 Pietro 1:19; Apocalisse 5:6), ha sostituito l’agnello dell’Antico Testamento che era mangiato la sera della Pasqua ebraica di ogni anno. I simboli del Nuovo Testamento (pane e vino) sono stati decretati in modo che i Cristiani possano mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue: il vero Agnello di Dio. Luca (22:19) dimostra che Gesù è, quindi, sostituito con il pane e il vino da prendere annualmente in commemorazione del Suo sacrificio per la remissione dei nostri peccati: poi, preso il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me.”
 Il sacrificio di Gesù ha rimpiazzato l’obbligo di uccidere l’agnello di primavera.
("Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Gv 1,29)

Non c’è quindi un vero connubio tra la celebrazione della Pasqua attuale e l’uccisione di milioni di esseri innocenti. La Festa religiosa non viene a meno se in tavola non è presente carne di agnello, poiché il vero Agnello è lo stesso Gesù ed Egli deve essere professato spiritualmente dai credenti con la fede interiore, con la preghiera, con un rito che non si affianca alla morte di una creatura partorita da Dio nel quinto giorno della Creazione.
Non confondiamo, dunque, la religione con una tradizione prettamente antropocentrica che non lascia spazio al vero significato pasquale e pone il contenuto biblico-spirituale in un secondo piano. La Pasqua significa Risurrezione, quindi essa non deve essere vanificata dalla morte, né intrisa da sangue innocente.

Chiediamo di riflettere su queste parole e di porre la Vita al centro dei propri pensieri e della personale celebrazione del giorno di Pasqua.


mercoledì 12 febbraio 2014

Marius, il patrimonio genetico e i bambini







In questi giorni la notizia dell’uccisione -tramite colpo di pistola alla testa- della giraffa Marius allo zoo di Copenaghen ha fatto il giro del mondo; non solo: anche le fotografie degli ultimi istanti di vita e quelle che la vedono smembrata e data in pasto ai leoni. Uno “spettacolo” terrificante, che di “giusto” ed “etico” ha davvero nulla.
Ho letto le esternazioni del Direttore scientifico Bengst Holst, che ha affermato di aver abbattuto (leggasi assassinato) Marius "perché era di troppo. Quella giraffa, in base alle analisi genetiche della popolazione di appartenenza, era in eccesso. Lo zoo di Copenaghen fa parte di un'associazione di decine di zoo in Europa che incrocia i dati e valuta il patrimonio genetico da preservare". Lo sparo è stato attuato nonostante le proteste della gente e sebbene uno zoo svedese si sia offerto di prendersi cura di Marius nel loro Parco. A detta di Holst "non ci si poteva fidare, perché lo zoo svedese non fa parte dell'associazione e non ha lo stesso codice".
L’orrore (uccisione e sezionamento della giraffa) è avvenuto davanti ad una folla di persone e ad un elevato numero di bambini. Le spiegazioni del Direttore sono semplici nella loro fredda follia (passatemi il termine): "il cuore di una giraffa è interessantissimo, è enorme. È istruttivo per un bambino vedere com'è fatto un animale da dentro”. Per quanto riguarda lo smembramento, invece, è tutto normale: "è quello che succede tutti i giorni nella natura. I più forti mangiano i più deboli. Mi sorprendo che ci si scandalizzi per queste cose. Mi sorprendo che stia accadendo tutto questo per quella giraffa".
Stando a queste convinzioni, qualsiasi specie o etnia che si ritenga in sovraccarico sarebbe da eliminare. E per non sprecare nulla, si potrebbero dare i corpi in pasto agli animali carnivori. È vero che accade in natura, ma non certo con queste modalità.
Il confronto con altre specie e soprattutto con l’essere umano è d’obbligo, poiché è l’unico modo per trasmettere a tutti la giusta pesantezza morale e sociale dell’atto perpetrato dallo zoo di Copenaghen. Marius è stato condannato a morte perché un gruppo di altri animali (gli umani) ha deciso candidamente che era di troppo. Non si sono fermati a riflettere sul valore della vita, sul desiderio di vivere della giraffa, sulle implicazioni emotive, sull’ingiustizia di un atto così barbaro da essere condannato a livello internazionale. Semplicemente hanno sparato. Marius non sapeva nulla, si è visto avvicinare da un uomo e magari avrà pensato a buon cibo fresco, a una coccola. E invece gli hanno sparato. (fermatevi... scusate, ma ho un nodo in gola)  
È morto, cadendo dalla sua possente altura, sul cemento artificiale di una prigione chiamata zoo. È morto mentre tutti scattavano fotografie, mentre i bambini si stupivano -come gli adulti- di quanto sia facile morire, mentre i giornalisti cercavano di catturare l’immagine più drammatica e mentre i più sensibili piangevano un dolore quasi emarginato e incompreso.
"Cos’è una giraffa di fronte a tutto il mondo? Ne abbiamo molte, che differenza fa? Ci sono altri problemi di cui occuparsi.". L’ho udita. Ho ascoltato questa frase. Tante e tante volte. E ho risposto che il Pianeta (la fauna) non è composto da UNA massa di animali (umani e non), ma da singoli individui con un’identità propria. Senza UNO solo di quegli individui la Terra, seppur in maniera forse apparentemente invisibile, non sarebbe più la stessa.
Perché noi Occidentali salutiamo i nostri cari celebrandoli con un funerale, se poi pensiamo che la vita di un singolo non fa la differenza? So che alcuni di voi mi risponderebbero che “l’uomo è una cosa, gli animali un’altra”, ma -che lo vogliate o meno- sbagliate. Scientificamente siamo parte tutti dello stesso regno e ogni Essere Vivente ha diritto a libertà e rispetto. Ogni Essere ha una famiglia, una mamma, un papà, un affetto particolare, una comunità.. quindi ognuno ha importanza come singolo.
È anche curioso notare l’atteggiamento dell’umano di fronte a situazioni diverse: è capace di rinnegare le sue stesse affermazioni pur di girare il vento a proprio favore. Nel caso di Marius "è solo una giraffa, non è simile a noi", però quando si parla di vivisezione "si deve poter continuare, perché sono simili a noi". Insomma, affermazioni discordanti che sono unicamente la rappresentazione dell’antropocentrismo che ci affligge. Esso deteriora noi stessi e tutti gli Esseri Viventi che condividono il Pianeta. Dobbiamo genuinamente ammetterlo, capacitarcene e capire che l’amore tanto cercato potremmo donarlo e riceverlo partendo proprio dai principi fondamentali della vita. Pensate che mondo meraviglioso sarebbe se fossimo capaci di chiudere gli occhi e capire di aver improntato in modo sbagliato e malsano il nostro rapporto con la natura. Un tempo, ai primordi della vita umana, la fauna e la flora erano fonte di mistica devozione e si credeva (come io e altri crediamo ancora) che gli animali avessero conoscenze a noi inarrivabili. Ora, invece, pretendiamo di essere superiori ad ogni cosa con la sfrontatezza di autoeletti monarchi.
Non voglio sembrare arrogante, né tantomeno desidero trasmettere un messaggio negativo. Vorrei che tutti voi poteste sentire il tono della mia voce per capire quanta speranza e quanto amore vi siano nel mio discorso. Vorrei un mondo migliore e so che insieme possiamo riuscire a cambiare qualcosa. Voglio un mondo migliore per tutti gli animali (umani e non) e per la natura in toto.
L’orrore di Marius mi ha debilitata e sconvolta. Per un attimo ho pensato che la nostra "lotta" quotidiana non riesce a fare breccia, che il mondo sia ormai ridotto alla legge del più forte (o colui che si crede tale). Non è così, non deve essere così. Perché non abbiamo più rispetto né compassione verso i più deboli o coloro che crediamo/rendiamo tali? Davvero non c’è nessuno fra voi che la sera si guarda allo specchio e si chiede dove stiamo finendo? La guerra fra i popoli, lo sterminio animale, l’indifferenza: sono veramente le bandiere del nuovo mondo che vogliamo accettare in silenzio? Le rivoluzioni non sono "soltanto" il risveglio di un popolo, ma possono essere attuate quotidianamente. Fatelo, per favore. Marius non può essere morto invano.

Sara P. - AnimaLife Ticino

Dichiarazioni Holst: fonte HuffingtonPost

martedì 19 novembre 2013

Coop & PSA (Protez. Svizzera Animali): pubblicità e sangue






Preambolo

In questi giorni si possono vedere i cartelloni affissi dalla Coop con la fotografia di una mucca e del suo vitellino. In primo piano c’è un bollo con la scritta “eccellente: Coop è la n. 1 nella tutela degli animali” e più in basso queste frasi: “Sempre dalla parte degli animali – La protezione svizzera degli animali PSA promuove Coop a pieni voti per il suo impegno nella protezione degli animali confermando, in qualità di ente indipendente, il nostro impegno di lunga data nell’ambito del benessere degli animali”.  Ovviamente nell’angolo a destra troviamo in bella vista anche il sito della PSA.
Approfondendo l’argomento direttamente nel sito di Coop Svizzera, campeggia in bella vista la fotografia di  un sorridente Hansueli Huber (direttore della Protezione svizzera degli animali) che esclama soddisfatto: “con i propri acquisti, la clientela decide come sono allevati gli animali da reddito”.  Poco più sopra Coop scrive di aver conquistato il primo posto nell’ultimo rapporto della PSA sul “benessere degli animali nel commercio di alimentari”. Accanto spiega le strategie per promuovere il benessere degli animali: la provenienza svizzera e la pesca sostenibile. Delucidano:
- Carne e uova Naturafarm sottostanno a severe direttive: nascita, allevamento e lavorazione avvengono in Svizzera. Gli animali sono allevati all’aperto o con possibilità di uscita.
- Dal 2000, Coop sta adeguando l’assortimento ittico alla provenienza sostenibile. Per il pesce di cattura, Coop punta sul label MSC, e per i prodotti di allevamento sul bio.
In riferimento a quest’ultima affermazione andiamo ad osservare la promozione della pesca sostenibile in un’immagine con un tonno in mare, recante i loghi di Coop e WWF. Il titolo è “e io cosa posso fare?”. La risposta di queste due aziende (!) è semplice: questi pesci e frutti di mare potrete gustarli senza rimorsi.
Secondo il comunicato stampa dell’azienda, la PSA intrattiene con la Coop una partnership di successo a favore di un allevamento degli animali da reddito rispettoso della specie, poiché controlla il rispetto delle direttive dei programmi dei label Porc, Vitello, Pollo e Uova Naturafarm. Inoltre, la PSA procede a controlli a campione supplementari nei programmi Natura-Beef e natura-Veal e su incarico Coop sorveglia anche i trasporti e la macellazione di animali Naturafarm. Coop desidera che gli standard svizzeri siano estesi anche ai produttori-fornitori esteri e la PSA intende sostenere questo ambizioso processo sotto forma di audit (stabulazioni, trasporti, mattatoi). Per alcuni allevamenti di importazione (che soddisfano lo standard svizzero) la PSA giudicherà la produzione in ambito di audit in loco. 

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E ora...

Leggendo tutto questo, alcuni affermeranno un “finalmente”, sentendosi liberi di mangiare carne o pesce in grandi quantità senza più provare il minimo senso di colpa. Coop con questa “pubblicità” non sta facendo altro che remare contro coloro che si adoperano affannosamente contro l’uccisione (“felice” o meno) e lo sfruttamento degli animali. Le poche persone in dubbio si sentiranno più libere nell’acquistare carne o pesce (animali morti) che hanno vissuto secondo gli standard dei label.

Prima di parlare degli animali stessi, una cosa che mi è rimasta impressa è l’impegno della PSA in questa causa. La PSA è un’associazione (nata nel 1840) che si prefigge di fare il possibile per far valere il diritto degli animali ad una vita dignitosa e rispettosa della loro natura (…) perché per noi gli animali non sono una merce, ma esseri viventi come noi. Il loro “impegno” con Coop non è forse in contrasto ai principi che presentano come solidi e immutabili? È ovvio che un allevamento “dignitoso” (se mai si possano definire così) è migliore di un allevamento intensivo, ma lo scopo primario delle persone animaliste è quello di impedire l’uccisione delle specie animali. Stando ai presupposti che abbiamo letto, la PSA ritiene che le creature viventi non siano una merce. Ma lavorando al progetto Coop e sorvegliando le macellazioni, contravvengono ai principi stessi sui quali si è fondata e dovrebbe lavorare l’associazione stessa.

Il fatto che gli animali vivano con “benessere” (più avanti parleremo anche di questa definizione illusoria), non significa che la morte per mano dell’uomo sia un finale dignitoso. In ogni caso la bestia sarà uccisa, smembrata e data in pasto agli esseri umani carnisti; nel caso dei pesci, di allevamento o di cattura, la morte sarà comunque la stessa: quella per soffocamento. Un animale che vive “in libertà” (allo stesso modo di quello d’allevamento intensivo) avrà comunque paura della morte, la rifuggirà, cercherà di aggrapparsi a tutte le sue forze per non farsi assassinare. Nessun metodo di uccisione è dolce e nessuna morte è rispettosa della vita che spezza.
Desidero farvi un esempio adoperando l’essere umano come paragone (di fatto la sofferenza, la paura e le sfumature emotive sono le stesse*1): se prendiamo una persona che desidera vivere e le diciamo che morirà (gli animali lo percepiscono nettamente*1), avrà paura, sarà terrorizzata. Ora provate ad immaginare che quella persona siete voi: sapere che vi uccideranno con un colpo di pistola (quindi con un metodo considerato “umano” poiché pressoché “immediato”), vi farebbe sentire meglio? E immaginate che questa persona sia messa in coda dietro altri esseri umani che saranno uccisi prima di lei, in modo che comunque possa vedere la loro morte (*2). Cosa provereste?
L’uomo, a differenza dell’animale non umano, tende a pensare che sia peggio la morte di una persona vissuta libera anziché quella di chi ha vissuto per sempre in una prigione (e qui c’è il paragone animale “libero” e animale “rinchiuso”). Sapete perché? Perché l’essere umano vede nella morte dopo prigionia… una liberazione. L’animale non umano, invece, ha un attaccamento alla vita superiore al nostro, quindi la subirà sempre lottando per vivere ad ogni costo e in qualunque condizione, a meno che non sia lui stesso a lasciarsi andare (ma questo accade solitamente prima del tempo “prestabilito” dall’allevatore per la macellazione).
Alcuni ritengono che il paragone tra l’animale e l’umano sia “fuori luogo”. Questo giunge dall’idea che l’uomo sia superiore a qualunque forma di vita e provi maggiori emozioni: purtroppo non è vero. Gli animali non umani provano emozioni e riconoscono i pericoli (*1 + *3), quindi il paragone con noi non è affatto errato e dobbiamo accettare il fatto che essi siano simili a noi emotivamente (per gli scettici è anche stato -purtroppo- dimostrato scientificamente *4 e prima di allora anche ipotizzato da Darwin*5).

Veniamo al “benessere”. Nelle direttive Naturafarm abbiamo letto che “gli animali sono allevati all’aperto o con possibilità di uscita”. Questi ultimi non hanno, quindi, nessuna libertà in quanto è l’allevatore stesso a decidere se, quando e come possono uscire. Il bestiame allevato all’aperto, invece, sottosta comunque a regole e non può vivere seguendo l’istinto.
 Il latte viene munto dalle mucche che ne producono una certa quantità in maniera naturale. Per soddisfare la richiesta (non il bisogno!) procapite, questa quantità non è sufficiente. Per questo motivo le mucche sono ingravidate: produrranno molto più latte. E il vitello, direte voi? Il vitello avrà vita breve, purtroppo. E una volta terminato il ciclo, la mucca sarà rimessa incinta. Tutto questo ciclicamente, finché non sarà uccisa e macellata. È vero: esistono anche gli allevamenti di vacche nutrici, dove i vitellini crescono all’interno della mandria a stretto contatto con le fattrici (dalle quali possono bere il latte direttamente) e a volte con i tori. È la forma di allevamento più naturale al mondo. Ma allevamento significa morte certa, in ogni caso.
Le uova sono “prodotte” in maniera naturale dalle galline. Senza parlare degli allevamenti di produzione intensiva (una cosa orribile della quale parlerò prossimamente), possiamo affermare che quando questa creatura smette di fare le uova, viene uccisa. E come fanno con i piccolini, se le uova sono fecondate? Li lasciano nascere e poi selezionano. Cosa significa? Significa che le nuove galline femmine saranno cresciute per produrre uova, mentre i maschi hanno due alternative: l’uccisione immediata (perché non utili), oppure la crescita fino al giorno del macello.

Nel “Rapporto di sostenibilità 2012” (*6) del Gruppo Coop (pagina 17) si legge che da un sondaggio rappresentativo, condotto nel 2012 dal reparto ricerche di mercato Coop in collaborazione con l’istituto Link, risulta chiaramente che il benessere degli animali è un aspetto al quale gli svizzeri tengono molto”. Allora perché mangiare i nostri amici?

Potrei e vorrei andare avanti ancora per molto, parlandovi a cuore aperto di molte argomentazioni legate al bio, agli allevamento “all’aperto” o “in libertà”, alla tutela del benessere animale. Il punto è che non so quanto le persone abbiano voglia di sapere. Mi sembra che sia più comodo tagliarsi una parte di cervello. Mi spiego meglio: chiunque ora è in grado di venire a conoscenza dei metodi utilizzati nella produzione di carne, pesce, latticini, uova e altri prodotti animali. E molte persone lo sanno. Quello che non capisco è come sia possibile dissociare la conoscenza nel momento in cui mettete in bocca un pezzo di animale o un suo “prodotto”. Il “sapore” e quindi il “desiderio di cibarsene” è più forte del rispetto verso di loro? È più forte della compassione e della giustizia? È più forte delle immagini di sangue, violenza e morte che magari avete occasionalmente (intra)visto?

Ad ogni modo il cartellone è fuorviante e lo etichetto come una pubblicità ingannevole: sembra che gli animali siano felici di farsi ammazzare per essere mangiati da noi: questo nasconde a tutti la verità. Inoltre, mi sembra anche un modo per promuovere la PSA, che in questo caso ha disatteso i suoi stessi presupposti, sui quali fu fondata 170 anni or sono.

Scegliete di informarvi, non lasciatevi riempire artificialmente il cervello dalle multinazionali. Esse sono nate unicamente a scopo di lucro e questo non dovreste mai dimenticarlo. I soldi sono il loro fine: NON il vostro benessere e NON il benessere animale. Come loro stessa ammissione, hanno dato il via alla “tutela” degli animali da reddito per “rispondere alle esigenze dei clienti che chiedono carne da allevamenti rispettosi degli animali” (*6, pagina 18, primo paragrafo). Davvero credete lo abbiano fatto per voi e non per vendere di più?

Ora chiederete cosa vogliamo, qual è il nostro scopo.
Posso assicurarvi che la risposta è semplicissima: rispetto e diritto alla vita per qualunque essere vivente.
E in secondo piano aggiungere un’informazione finalmente veritiera, che non tratti il cittadino come un inanimato burattino.

Vogliamo un mondo migliore, per loro e poi per noi. Aiutateci.

SP

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*1  - Approfondimento: Marc Bekoff, “La vita emozionale degli animali”, Ed. Oasi Alberto Perdisa, 2010

*2 - Approfondimento: Jonathan Safran Foer, “Se niente importa”, Ed. Guanda, 2010

*3 - Approfondimento: Hal Herzog, “Amati, odiati, mangiati”, Ed. Bollati Boringhieri, 2012

*4 - Oltre ai vivisettori (sorvolo il commento personale e preciso che farei a meno di interpellare la vivisezione per confermare quanto ho detto, ma alcuni hanno bisogno di queste cose per credere!), anche la maggior parte degli studiosi e dei ricercatori di zooantropologia potranno fornirvi tutte le indicazioni necessarie.

*5 - Approfondimento: Charles Darwin, “L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo”