lunedì 17 marzo 2014

Religione, Pasqua e Agnelli.




 Il dibattito pasquale è all’ordine del giorno, soprattutto fra coloro che in ogni momento dell’anno si adoperano a favore di tutti gli esseri viventi. La strage di agnelli e capretti che avviene nei giorni antecedenti la Pasqua, non può e non deve lasciarci indifferenti.
Contrariamente a ciò che si pensa, però, le nostre non sono critiche alle religioni cattolica o ebraica, bensì all’errata interpretazione che l’uomo ne ha tratto. Purtroppo, questa Festa di Risurrezione è divenuta un nuovo pretesto per allargare gli orizzonti commerciali. Le persone praticanti e informate, tuttavia, dovrebbero ricordarsi il vero significato del termine “Agnello pasquale”.
Prima di andare avanti, ricordo che i primi Cristiani osservavano la Pasqua ebraica, non la Pasqua odierna. La celebrazione si basava su tre riti essenziali: quelli del sacrificio dell’agnello pasquale, del pane azimo e delle primizie agricole, che venivano offerte il 16 di nisān sotto forma di un manipolo di spighe. L’intera festa durava sette giorni, di cui il primo e l’ultimo di festa solenne. (Encicl. Treccani).

Vorrei cominciare con una frase proveniente dalla Genesi (1, 29):
Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.

Per capire l’origine e il significato di “Agnello pasquale”, andiamo a leggere nell’Antico Testamento.
Il libro dell’Esodo (12,1-14,46) descrive il memoriale della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto attraverso il sacrificio di un agnello:
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità d'Israele e dite Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. (…)tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà tra i due vespri. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. (…) È la pasqua del Signore! (…)Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete con un rito perenne. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso.
Questo accadde esattamente nel giorno della crocifissione di Cristo: Gesù morì alla stessa ora in cui nel tempio si immolavano gli agnelli per la festa di Pasqua. Secondo la descrizione di Giovanni (10,32-36):
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro, che ara stato crocifisso insieme a lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzaron le gambe... Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.
Per il Nuovo Testamento, l’agnello pasquale è il figlio di Dio: Gesù Cristo. Egli, come Agnello di Dio (Giovanni 1:29; Atti 8:32; 1 Pietro 1:19; Apocalisse 5:6), ha sostituito l’agnello dell’Antico Testamento che era mangiato la sera della Pasqua ebraica di ogni anno. I simboli del Nuovo Testamento (pane e vino) sono stati decretati in modo che i Cristiani possano mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue: il vero Agnello di Dio. Luca (22:19) dimostra che Gesù è, quindi, sostituito con il pane e il vino da prendere annualmente in commemorazione del Suo sacrificio per la remissione dei nostri peccati: poi, preso il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me.”
 Il sacrificio di Gesù ha rimpiazzato l’obbligo di uccidere l’agnello di primavera.
("Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Gv 1,29)

Non c’è quindi un vero connubio tra la celebrazione della Pasqua attuale e l’uccisione di milioni di esseri innocenti. La Festa religiosa non viene a meno se in tavola non è presente carne di agnello, poiché il vero Agnello è lo stesso Gesù ed Egli deve essere professato spiritualmente dai credenti con la fede interiore, con la preghiera, con un rito che non si affianca alla morte di una creatura partorita da Dio nel quinto giorno della Creazione.
Non confondiamo, dunque, la religione con una tradizione prettamente antropocentrica che non lascia spazio al vero significato pasquale e pone il contenuto biblico-spirituale in un secondo piano. La Pasqua significa Risurrezione, quindi essa non deve essere vanificata dalla morte, né intrisa da sangue innocente.

Chiediamo di riflettere su queste parole e di porre la Vita al centro dei propri pensieri e della personale celebrazione del giorno di Pasqua.