Il dibattito pasquale è all’ordine del giorno, soprattutto fra coloro
che in ogni momento dell’anno si adoperano a favore di tutti gli esseri
viventi. La strage di agnelli e capretti che avviene nei giorni antecedenti la
Pasqua, non può e non deve lasciarci indifferenti.
Contrariamente a ciò che si pensa, però, le nostre non sono critiche
alle religioni cattolica o ebraica, bensì all’errata interpretazione che l’uomo
ne ha tratto. Purtroppo, questa Festa di Risurrezione è divenuta un nuovo
pretesto per allargare gli orizzonti commerciali. Le persone praticanti e informate,
tuttavia, dovrebbero ricordarsi il vero significato del termine “Agnello
pasquale”.
Prima di andare avanti, ricordo che i primi Cristiani osservavano la
Pasqua ebraica, non la Pasqua odierna. La celebrazione si basava su tre riti
essenziali: quelli del sacrificio dell’agnello pasquale, del pane azimo e delle
primizie agricole, che venivano offerte il 16 di nisān
sotto forma di un manipolo di spighe. L’intera festa durava sette giorni, di
cui il primo e l’ultimo di festa solenne. (Encicl. Treccani).
Vorrei cominciare con una frase proveniente dalla Genesi (1, 29):
Poi Dio disse: “Ecco,
io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in
cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.”
Per capire l’origine e il significato di “Agnello pasquale”, andiamo a
leggere nell’Antico Testamento.
Il libro dell’Esodo (12,1-14,46) descrive il memoriale della
liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto attraverso il
sacrificio di un agnello:
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: questo mese sarà
per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta
la comunità d'Israele e dite Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello
per famiglia, un agnello per casa. (…)tutta l'assemblea della comunità
d'Israele lo immolerà tra i due vespri. Preso un po' del suo sangue, lo
porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno
mangiare. (…) È la pasqua del Signore! (…)Questo giorno sarà per voi un
memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in
generazione, lo celebrerete con un rito perenne. In una sola casa si mangerà:
non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso.
Questo accadde esattamente
nel giorno della crocifissione di Cristo: Gesù morì alla stessa ora in
cui nel tempio si immolavano gli agnelli per la festa di Pasqua. Secondo la descrizione di Giovanni (10,32-36):
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi
all'altro, che ara stato crocifisso insieme a lui. Venuti però da Gesù e
vedendo che era già morto, non gli spezzaron le gambe... Questo infatti avvenne
perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.
Per il Nuovo Testamento, l’agnello
pasquale è il figlio di Dio: Gesù Cristo. Egli, come Agnello di Dio
(Giovanni 1:29; Atti 8:32; 1 Pietro 1:19; Apocalisse 5:6), ha sostituito
l’agnello dell’Antico Testamento che era mangiato la sera della Pasqua ebraica
di ogni anno. I simboli del Nuovo Testamento (pane e vino) sono stati decretati
in modo che i Cristiani possano mangiare il corpo di Cristo e bere il suo
sangue: il vero Agnello di Dio. Luca (22:19) dimostra che Gesù è, quindi, sostituito
con il pane e il vino da prendere annualmente in commemorazione del Suo
sacrificio per la remissione dei nostri peccati: poi, preso il pane, rese grazie, lo spezzò e
lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo
in memoria di me.”
Il sacrificio di Gesù ha rimpiazzato l’obbligo di uccidere l’agnello di
primavera.
("Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del
mondo!" Gv 1,29)
Non c’è quindi un vero connubio tra la celebrazione della Pasqua
attuale e l’uccisione di milioni di esseri innocenti. La Festa religiosa non
viene a meno se in tavola non è presente carne di agnello, poiché il vero
Agnello è lo stesso Gesù ed Egli deve essere professato spiritualmente dai credenti con la
fede interiore, con la preghiera, con un rito che non si affianca alla morte di
una creatura partorita da Dio nel quinto giorno della Creazione.
Non confondiamo, dunque, la religione con una tradizione prettamente antropocentrica
che non lascia spazio al vero significato pasquale e pone il contenuto biblico-spirituale
in un secondo piano. La Pasqua significa Risurrezione, quindi essa non deve
essere vanificata dalla morte, né intrisa da sangue innocente.
Chiediamo di riflettere su queste parole e di porre la Vita al
centro dei propri pensieri e della personale celebrazione del giorno di Pasqua.